Sulla strada di Bergoglio
Riproponiamo la riflessione sull’editoria religiosa del nostro direttore, Giuseppe Caffulli, pubblicata su Avvenire di domenica 2 luglio.
Ripartire da un orizzonte valoriale ampio, che, come insegna il Papa, si nutre di uno sguardo concreto sull’uomo e sulla storia, per dare risposte e provocare.
Chi si occupa di editoria oggi si trova a fare in conti con difficoltà di ogni genere: un mercato dove i lettori sono sempre più rari, nuovi fenomeni che (a volte) ci colgono impreparati (penso all’emergere crescente del genere graphic novel e a un certo tipo di horror-fantasy molto popolare tra i teenager), l’abbassamento generalizzato – e spesso drammatico – del livello culturale, che rende la lettura, all’interno del percorso personale, un’ipotesi remota. Chi si occupa di editoria religiosa, poi, si trova a fare i conti – oltre a ciò di cui sopra – anche con una serie di fenomeni e difficoltà specifici.
Il comparto dell’editoria cattolica si è sempre percepito, almeno fino a una decina di anni fa, come alternativo all’editoria cosiddetta laica (dove con questo termine si dà anche un giudizio negativo che allude al mercato e alla ricerca del profitto). Le principali case editrici cattoliche si sono fatte negli anni la propria rete distributiva, le proprie librerie di catena.
Questo sistema, che ha funzionato per diversi decenni, è crollato via via a partire dalla crisi del 2008 e il colpo di grazia è stato assestato dalla recente pandemia.
Il risultato è che sono finite a gambe all’aria intere filiere (distribuzione compresa) e anche importanti editori cattolici si sono ritrovati a malpartito. In questo lasso di tempo le librerie cattoliche si sono ridotte drasticamente di numero e di peso. Ma se ciò è avvenuto, al di là delle strategie giuste o sbagliate in campo industriale, lo si deve soprattutto a un cambiamento antropologico che è sotto gli occhi di tutti.
C’è infatti da chiedersi se esista ancora il lettore cattolico. Se esista cioè, in questa epoca dominata dalla secolarizzazione e dove le chiese sono spesso spazi vuoti, chi è alla ricerca del libro cattolico in quanto tale. Nella nostra società post-moderna, interconnessa e fluida, è certamente presente una forte richiesta di spiritualità e di senso, ma – spiegano le ricerche sociologiche – sia tra i giovani che tra gli adulti dilaga l’analfabetismo religioso riguardo ai contenuti del credo cattolico e della Bibbia in genere.
Allora, dove trovare il lettore interessato ai temi religiosi? E prima ancora: quali sono i temi religiosi?
Oggi, in un’epoca in cui l’economia di mercato è diventata preponderante e sta cambiando nel profondo la società (tanto che si parla ormai di «società di mercato»); dove i rapporti sociali sono segnati dall’utilitarismo, la gratuità è poco praticata e le relazioni interpersonali languono, resta tuttavia vero che l’elemento determinante contro lo strapotere del mercato è il sacro. Stante allora il combinato disposto di una distribuzione fallace e frammentata, di librerie cattoliche in arretramento, di cattolici latitanti e di lettori (cattolici) ormai più avvezzi ai social che alla riflessione, dove andare a stanare chi ha ancora un interesse verso il tema del sacro? E quali gli argomenti per intercettare i potenziali lettori?
L’idea che mi sono fatto è questa: i lettori cattolici (o potenzialmente tali) si trovano oggi nelle tanto vituperate catene laiche, negli store on line, nei festival che popolano le piazze italiane. Sono lettori interessati a temi religiosi e al sacro, ma non in maniera strettamente confessionale. Per intercettarli si parte da un orizzonte valoriale ampio, profondamente evangelico (lo potremmo chiamare “Orizzonte Bergoglio”), che si nutre di uno sguardo concreto sull’uomo e sulla storia, a partire dalle grandi sfide del nostro tempo in materia di difesa del creato, di difesa della vita in tutte le sue forme, di ripudio delle guerre. In questo contesto, lontano dai dogmatismi, è possibile riproporre un umanesimo cristiano capace di dare risposte e di provocare anche a una adesione di fede). Visto da questo punto di vista, si tratta di un orizzonte di testimonianza.
Per aiutare a uscire dal guado, qualche iniziativa di ampio respiro potrebbe certamente aiutare. Il modello dei festival, in grado di usare il linguaggio della cultura popolare per inserirla in un quadro di valori cristiani, nel rispetto della libertà, è certamente da tenere in evidenza.
Sul fatto che sacerdoti e formatori possano essere guide anche nel rilancio dell’editoria religiosa la discussione rischia d’essere infinita. I giovani sacerdoti e religiosi (uomini e donne), sono figli del proprio tempo e spesso – loro stessi – sono lettori piuttosto deboli In sostanza, se editoria religiosa dev’essere, proprio perché orientata all’evangelizzazione (lo dico convintamente), essa non può prescindere dal contesto in cui viviamo: un mondo dove i valori contano ancora (indifferentemente da chi li pronuncia), ma dove serve andare oltre i recinti e sviluppare sempre più un alfabeto per non addetti ai lavori, che parta dal senso delle cose ma riporti – affidandone l’esito al timoniere della Storia – al Senso di ogni cosa. Resta da capire se ne saremo capaci.
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